Quelli dell'' Hotel LUX
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Se cammini a passo svelto per la Tverskaya, ora come ora, non lo vedi nemmeno, nascosto com'è da un gigantesco tendone. Ma se guardi meglio in corrispondenza dell' entrata, al numero 36, vedrai scritto Hotel Luxe. Sembrerebbe un elegante edificio storico come tanti, ma dietro quel telo si intrecciarono storie e personaggi che la storia la fecero.
Di proprietà di Ivan Filippov che con i suoi stuzzichini, panini appena sfornati, pierogi ed altre prelibatezze, aveva rifornito mezza Mosca e pure la Corte, l'edificio venne trasformato dal figlio in hotel di lusso (Hotel Franzija) con annesso caffè snob e prestigioso, cui non erano ammessi poveri e cani.
Dopo la rivoluzione, fu requisito e utilizzato con il nome Hotel Lux, per ospitare, sin dal 1921, i delegati stranieri del Comintern (Congresso Mondiale dell'Internazionale). E fin qui tutto bello. Il brutto inizia negli anni ' 30, in quel torbido periodo di purghe staliniane. Nei sei piani, ospitati nelle 300 stanzette- per lo più di 20 mq- con cucine e bagni in comune, con acqua calda una volta a settimana, con scarafaggi, topolini e cimici (sia quelle vere che quelle da spy story) si avvicendarono un gran numero di ospiti stranieri, per lo più membri dei partiti comunisti europei, che in questa Babele di lingue però si capivano bene lo stesso.
La lingua in fondo era il problema minore, visto che la maggior parte di loro era lì per sfuggire ai nazisti, e visto che abitare in un hotel era pur sempre un privilegio, rispetto a come e dove vivevano i comuni mortali. Tutti regolarmente registrati e spiati dalla famigerata NKVD (acronimo per Commissariato del Popolo per gli Affari Interni), ovvero più semplicemente dalla polizia segreta. Da tutto il gotha del partito comunista tedesco, a Chou-en-lai, dall'agente segreto Richard Sorge, ad Antonio Gramsci, da Ho-chi-min a Georgi Dimitrov, da Palmiro Togliatti a Imre Nagy. E tanti, tanti tanti altri.
Il clima, e non quello metereologico, ad un certo punto cambiò, e se prima i numerosi bambini (gli esuli spesso avevano famiglia al seguito) scorrazzavano per i corridoi, giocando a nazisti contro partigiani, mentre gli adulti trascorrevano ore in cucina a conversare amabilmente, si passò ad atmosfere ben più pesanti di paura, sospetto, tradimenti, segreti, denunce, arresti, che avvenivano immancabilmente tutti di notte. Tanto che Ruth van Mayenburg, membro del KPO (Partito Comunista Austriaco), autrice del primo libro sulla storia dell'hotel, ospite e testimone degli eventi, dal '38 al '45, scriverà che del numeroso gruppo di comunisti tedeschi presenti in URSS, ne vennero perseguitati e uccisi qui una buona parte. Altro che Terra Promessa. "Ciò che la Gestapo aveva lasciato al KPD (Partito Comunista Tedesco), la NKVD lo raccolse".
Lo stesso dicasi per operai e contadini italiani, di salda fede comunista, che lavoravano nelle fabbriche o nei kolkhoz, rimpiangendo almeno un po' zamponi e tortellini; anche loro sparirono nel nulla, ingoiati in qualche fossa comune.L' hotel fu chiuso nel 1945, per poco però. La penuria di alloggi integri, non distrutti dagli eventi bellici, spinse ben presto gli ospiti evacuati a ritornare. Funzionò fino al 2007, con prezzi delle camere assai a buon mercato.Comprato da un oligarca milionario, ora giace lì nascosto, quasi dimenticato. Guardo la facciata intelonata e mi vedo davanti gli ospiti con valigie ed effetti personali, registrarsi con nomi falsi, fare la fila per le docce, guardare col batticuore dallo spioncino, fare sesso libero come bere un bicchier d'acqua (o forse di vodka), ovvero vivere una vita sospesa e parallela.
E mentre faccio tutte queste belle riflessioni, passa a tutto gas, roboante e fiammante, una Porsche gialla. I passanti ai lati della Tverskaya, nastro asfaltato gigante a 8 corsie, si voltano esterefatti. Sicuramente sarà uscita dal lussuosissimo Ritz-Carlton che é lì dietro, a due passi. Altro tempo, altra storia, altro hotel.
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