Lucien e la sua insalata



Ci sono andata in Piazza Trubnaya, messa lí all'incrocio fra Petrovsky Boulevard e Neglinnaya Ulitsa, a guardare quel palazzo ad angolo, di un verdino pastello con  cornicioni e modanature bianche e ho cercato di immaginare. 



A fine '800, in questa piazza, fra strade che prima erano una palude impraticabile, poi bonificata e finalmente lastricata, avresti sicuramente visto  file e file di carrozze parcheggiate, notte e giorno, di quelle costosissime con altrettanto costosissimi cavalli e lacché in livrea. Privilegio che veniva pagato profumatamente al comune, a botte di 500 rubli l'anno. 


I nobili, e piú tardi i ricchi mercanti moscoviti, era infatti qui che venivano per le loro abbuffate, pantagrueliche, ma molto chic. Il ristorante si chiamava "Ermitage", fondato da uno chef belga che era giá piuttosto conteso  in cittá : Lucien Olivier.  Era il 1864 e il cuoco veniva spesso in questa piazza, per rifornirsi di un tabacco da fiuto al bergamotto, il suo preferito. Inizió proprio cosí, fra una sniffata e l'altra, di grande moda all'epoca, che nacque il rinomato locale. 


L'intraprendente cuciniere,  da cuoco a domicilio per banchetti nobiliari, riuscí a metter su, in societá con il ricco Yacov Pegov, un'attivitá di grande successo,  in una cittá dove peraltro, trattorie e ristoranti abbondavano, fino a diventare poi famoso a livello mondiale per aver inventato un piattino abbastanza semplice, un antipasto che tutti noi conosciamo, la Salade Olivier, ovvero l' insalata russa. 


Mi immagino i camerieri, non in frac, ma vestiti alla russa, con camicie di cotone olandese bianchissime strette da cinture di seta,  aggirarsi leggiadri fra un tavolo e l'altro per prendere e portare le ordinazioni, sotto lampadari fastosi, tovaglie inamidate, stoviglie scintillanti. Qui si ordinavano prelibatezze straniere, ostriche, gamberoni, crostacei e i  migliori vini possibili, a cifre folli, ma il piatto simbolo era lei, la ridondante cupoletta di verdurine miste a carne,  la cui ricetta rimase gelosamente segreta, molto imitata eppur sempre diversa, forse merito di aceto e senape francesi chissá. 

La ricetta originale non si é ahimé conservata. Circolano versioni varie che prevedono, fra gli ingredienti, carne di pernice, uova sode, cetriolini sott'aceto, tartufo nero, gelatina, gamberi o aragosta, olive e capperi, o in altra variante, lingua di vitello, acciughe, aspic, prosciutto e salsiccia, caviale : comunque tutto molto diverso da ció che conosciamo e consumiamo noi.


Entrare all'Ermitage era come addentrarsi in un' enclave francese, dove, ai fornelli stava il cuoco Duguet, una celebritá parigina e nel menú ogni piatto aveva richiami francesi. Ci si doveva destreggiare fra clienti esigenti disposti fra salette private, saloni comuni ad un' ampia sala con bianchi colonnati. Da una parte nobili, dall'altra imprenditori e funzionari,  rigidamente divisi per ceto.Almeno fino a quando la clientela cambió e al posto dei nobili vennero qui, a darci dentro di forchetta e coltello, commercianti stranieri residenti a Mosca, rappresentanti di compagnie estere e mercanti russi, tutti  peró rigorosamente in inappuntabile smoking. 


Poi l' Era "Olivier-Duguet" tramontó, Duguet tornó a Parigi, Oliver morí e nel locale tutto cambió, gestione, aspetto e clientela.  Reso ancora piú sfarzoso, con un giardino estivo, salottini riservati, camere e saune private, l'Ermitage divenne il luogo preferito da gran viveur  e dame gaudenti in abiti scollati, ma anche location perfetta per feste private ed anniversari, per celebrare il Capodanno o la baldoria del Carnevale, per fare colpo su importanti ospiti stranieri  o per banchetti di nozze. 


Caviale  servito in secchi d'argento, enormi storioni vivi , anatre francesi, pernici svizzere, sogliole del Mediterraneo, il tutto servito ed ingoiato a suon di musica, con le migliori orchestre in circolazione. Nel 1917 il ristorante chiuse per riaprire negli anni '20, ma era una squallida copia di quello che era stato. Sporcizia, scarsa qualitá del cibo, volgaritá ed avventori sciatti caratterizzeranno tristemente questo ultimo colpo di coda di un locale che fu di gran classe. Meno male che Lucien, nel suo eterno riposo sotto i frondosi  alberi del cimitero Vedenskoe, nulla vide dello scempio.




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