Riflessioni sotto spirito
© Photo by Anna Caramagno - All rights reserved Stazione ferroviaria Kurskaya Mosca |
Ci sono passata decine di volte davanti ma oggi, sono qui alla Stazione ferroviaria Kurskaya, una delle tante di Mosca, con un libro in mano. E' piccolo, l'ho letto in un giorno, a dire il vero, anche meno. Lo apro e mi fermo al centro del piazzale, fra viaggiatori, taxi, passanti, gente stramba che staziona in tutte le stazioni, in attesa di non si sa bene cosa. Il vento mi da ondeggiare i capelli e guardo la facciata di vetro e cemento, manco fosse una stazione elioterapica. Non ho con me nessuna valigietta, né caramelle (Fiordaliso), né bottigliette di vodka. Sto solo ferma. Parte da qui, il "Poema ferroviario Mosca - Petuskí", uno strano caso letterario, una sequenza anomala di parole e riflessioni senz'altro autobiografiche. Inizia tutto in un androne anonimo, di un altrettanto anonimo palazzo e tutto finirá sempre in un androne, anonimo anch'esso. Confuso e sotto effetti da post sbornia deve prendere un treno. Definirlo romanzo non mi va, e poi a lui, a Venedikt Erofeev, sarebbe importato qualcosa ?
Non c'é una trama vera e propria, c'é un solo personaggio, lui, gli altri paiono comparse, definiti con appellativi, diminitivi, vezzeggiativi. Una sorta di coro e lui é il corifeo, come su un palco, nel ruolo principale. Riflette, racconta, analizza, ricorda, inveisce, rimugina, sogna e inventa.Un viaggio scandito da km percorsi e da grammi ingoiati, di vodka o altri miscugli, bevuti quasi a seguire un rito sacro. Il sacro in effetti c'é e anche tanto. Venicka parla agli angeli, parla a Dio, lo e li vede, lo e li sente, domanda, si appella. Un viaggio in treno che dura 2 ore ma sembra durare un giorno, ad alta, altissima meticolositá etilica. Il bere diventa sfondo e tema centrale, con elenco di tipologie di alcol ingerito, breviario con trucchi e consigli su metodi e modi, ricettario con cocktail impossibili.
Ma in questa alternanza di sogno e veglia, in tale altalena di luciditá e delirio, l''autore mette in tavola parecchie carte. Ci si legge il passato e il presente, l'identitá perduta e la religione riconquistata, l''ideologia dorata e la realtá grigissima, le speranze perdute e le disperazioni incombenti, sue e del suo "popolo", che ha occhi vuoti e sporgenti, con una totale assenza di pensiero". La vodka diventa allora l'unica via di fuga per non sentire la disintegrazione, il vuoto quotidiano. Bicchiere dopo bicchiere, barcollando crollando e rinvenendo emergono momenti di lucida illuminazione, profonda sensibilitá per le fragilitá altrui, disprezzo per violenza gratuita e la stupiditá sistematica. Ogni volta che lo rileggo entro un pó di piú fra le sue parole, seguo meglio il suo (s) ragionamento, mi abituo a passare dal gergo stradale a citazioni colte, musicali, teatrali, letterarie. La fine di Venicka sará quella di alcolizzato come tanti, ucciso senza un perché, da un gruppo di balordi, quasi epilogo inevitabile, un ''comevolevasidimostrare" dello sbandamento collettivo.
Io sono ancora qui, davanti alla Kurskaya, la stessa che guardava lui mentre gli ondeggiavano i capelli, fermo immobile, raccolto in un minuto di silenzio. Il treno delle 8,16 per Petuskí é partito da un pezzo. Mi ero incantata a leggere il libro. Torno a casa.
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